Smart working: il modello di lavoro agile nell’ordinamento italiano

Smart working: il modello di lavoro agile nell’ordinamento italiano

Prefaziome al lavoro agile

Il luogo della prestazione – l’art. 1182 del Codice Civile

Il Decreto Legislativo 81/2017

Il diritto alla disconnessione, l’intervento Comunitario e il recepimento nell’Ordinamento italiano

Il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021

Prefazione al lavoro agile

Se per anni il diritto del lavoro non si è preoccupato di individuare compiutamente i luoghi in cui svolgere la prestazione lavorativa, a partire dagli anni ’90, con lo sviluppo delle tecnologie I.C.T., la possibilità (o meglio, l’opportunità) di svolgere la prestazione lavorativa in luoghi diversi dalla fabbrica o dall’ufficio, magari dal proprio domicilio, è divenuta sempre più concreta e ha assunto sfumature impensabili rispetto ai decenni precedenti.

Inizialmente, il lavoro da casa non riguardava una così vasta platea di lavoratori. Le prime esperienze di lavoro da casa concernevano prevalentemente i servizi di trascrizione o di traduzione, che per loro stessa natura non necessitavano della presenza fisica del lavoratore sul luogo di lavoro.

La tendenza a rivedere il paradigma del luogo di lavoro è difatti preesistente al periodo emergenziale. Le tecnologie digitali dell’I.C.T. costituiscono oggi i capisaldi della quarta rivoluzione industriale: molte aziende, già prima del 2019, in assenza di una normativa specifica promossa a livello nazionale, hanno preso spunto da varie iniziative promosse a livello europeo e avviato sperimentazioni sul cosiddetto lavoro agile, affidandosi ai soli regolamenti e accordi aziendali, e promuovendo loro stesse una nuova concezione di lavoro.

Il legislatore, per antonomasia più lento rispetto all’evoluzione del mondo del business e delle tecnologie, tarda ad arrivare, perché solo nel 2017, dopo un lungo iter Parlamentare, approva in via definitiva il Testo di legge 22 maggio n. 81/2017, contenente alcune importanti disposizioni in tema di lavoro agile.

Con l’avvento del fenomeno pandemico e la necessità di limitare gli spostamenti da e verso i luoghi di lavoro, a marzo del 2020 viene istituito il regime di smart working semplificato, accantonando eccezionalmente le regole della normativa del 2017 in nome di una più semplice applicazione ai rapporti di lavoro in ambito pubblico e privato, e prevedendo il solo invio di una comunicazione telematica attraverso il sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Oggi, in vista della conclusione del periodo emergenziale, ci si è accorti che il lavoro agile, benché giunto alla grande platea dei lavoratori per ragioni diverse, può davvero rendersi strumento principe per conciliare le esigenze di vita e lavoro (c.d. work life balancing), anche in nome di una maggiore produttività all’interno degli ambienti di lavoro. Per tali ragioni, all’esito di un lungo confronto tra le Parti Sociali, arriva oggi il Protocollo sul lavoro agile, un accordo firmato da ventisei Parti Sociali, contenente le linee guida con cui disciplinare questa nuova modalità di svolgimento della prestazione attraverso lo strumento della contrattazione collettiva.

Il presente articolo ha lo scopo di analizzare le previsioni normative sulle quali si fonda il lavoro agile, distinguendo le diverse modalità con cui esso viene attuato all’interno dei luoghi di lavoro.

Il luogo della prestazione, l’art. 1182 del Codice Civile

Il luogo della prestazione non è mai stato oggetto di particolare attenzione da parte del nostro Legislatore. Non abbiamo un articolo del Codice Civile o una legge speciale che si premuri di individuare il luogo in cui il lavoratore adempie la sua obbligazione e quindi svolge la sua prestazione lavorativa.

In termini molto generali, l’art. 1182 del Codice Civile prevede che il luogo nel quale adempiere l’obbligazione è determinato nel contratto o dagli usi o, in mancanza, desunto dalla natura della prestazione o di altre circostanze. La scelta del luogo dell’attività lavorativa compete al datore di lavoro, che lo indica al lavoratore in modo che quest’ultimo possa adempiere compiutamente la sua prestazione lavorativa.

Tuttavia, non è grazie alle norme del diritto positivo che rinveniamo il concetto di luogo di lavoro, se non in alcune isolate occasioni, limitatamente ad alcuni ambiti applicativi.

Così, nonostante resti fermo quanto sopra, il Legislatore, promuovendo norme regolatrici dei rapporti di lavoro, non manca di utilizzare termini ogni volta diversi, come ad esempio il “posto di lavoro” nella Legge 300/1970, il “luogo di lavoro” nel Dlgs. 152/2017 o, ancora, quello di “unità produttiva” menzionato nell’articolo 2103 c.c. e sempre, ancora, nello Statuto dei Lavoratori.

Restando in tema, è meritevole di un approfondimento maggiore invece l’art. 62 comma 1 del D. Lgs 81/2008 (T.U. in materia di salute e sicurezza sul lavoro), il quale specifica che per luoghi di lavoro sono da intendersi, unicamente ai fini dell’applicazione della stessa norma, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.

In conclusione, appreso il vuoto normativo in argomento, è la dottrina che a più riprese interviene estraendo i criteri per la determinazione del luogo dell’adempimento, in primis dallo stesso articolo 1182 comma 1 del Codice Civile, da cui si deduce che l’individuazione del luogo di lavoro ha origine dalla scelta convenzionale delle parti, prevalendo su altri criteri di individuazione (come gli usi o la natura della prestazione) e diventando potere unilaterale direttivo esercitato nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato ai sensi del 2094 c.c. come “colui che si obbliga a collaborare nell’impresa”.

Il Decreto Legislativo 81/2017

Ai sensi dell’articolo 18, comma 1 D. Lgs. 81/2017 per lavoro agile si intende “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Da qui si può evincere che, da un approccio semplicemente letterale alla disposizione normativa, il lavoro agile rappresenti uno strumento per lo svolgimento della prestazione lavorativa destinato in via esclusiva ai lavoratori subordinati, escludendo di fatto i lavoratori autonomi. Proseguendo nella lettura dell’articolo 18, si legge che il fine cui tende la normativa è l’incremento della competitività e l’agevolazione della conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ponendosi come obiettivo, da un lato, l’aumento della produttività e, dall’altro, un miglior bilanciamento tra la sfera lavorativa e quella personale del lavoratore dipendente. 

Proseguendo, con riferimento all’ambito di applicazione, si stabilisce che la prestazione lavorativa in modalità agile possa essere eseguita “in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

La prestazione lavorativa pertanto, non deve prevedere vincoli di orario, fatti salvi i vincoli imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Il secondo ambito di applicazione invece si concentra sullo strumento con il quale adempiere alla propria mansione. Difatti, il testo prevede che il lavoratore possa rendere la sua prestazione attraverso “il possibile utilizzo di strumenti tecnologici”, di sua proprietà oppure forniti dal datore di lavoro, rendendo quest’ultimo responsabile del buon funzionamento di tali strumenti, così come ribadito al comma 2 dello stesso articolo.

Terzo e ultimo ambito di applicazione riguarda la postazione di lavoro. Il testo di legge non prevede una postazione fissa per la prestazione resa al di fuori dei locali aziendali, lasciando ampio spazio decisionale in ordine all’individuazione del luogo.

Per quanto riguarda la forma, l’articolo 19 co.1 stabilisce che l’accordo con il quale regolare la modalità di lavoro agile è stipulato ad probationem in forma scritta, il c.d. patto di agilità, e su base volontaria con lo stesso lavoratore.

Proseguendo al comma 2, si prevede che l’accordo possa essere previsto senza un termine prefissato (sine die) oppure per un tempo limitato, indicando inoltre la possibilità – da parte di ciascuno dei contraenti – di recedere solo in presenza di un giustificato motivo e rispettando un termine di preavviso (30 giorni). Inoltre, si prevede che al verificarsi di mutamenti che incidano sull’assetto aziendale e sull’organizzazione del lavoro, il recesso possa avvenire in via unilaterale e senza preavviso.

Il regime di lavoro agile, sorgendo su un atto di natura volontaria e non prefigurando una normale modalità di svolgimento della prestazione – in quanto non viene previsto nella lettera di assunzione, se non nel caso di previo accordo aziendale di secondo livello – può essere sempre oggetto di recesso, da entrambe le parti e con i modi e i tempi appena visti, non inficiando neppure in via residuale il rapporto di lavoro, la cui prestazione ritorna a essere svolta secondo le modalità ordinarie.

Ulteriore intento del Legislatore si esplica con l’articolo 20: nell’ottica di ridurre il fenomeno del dumping salariale, tale articolo intende assicurare la totale parificazione del trattamento retributivo e previdenziale del lavoratore agile, prevedendo quindi che questo ultimo abbia un “trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”. Ulteriore precisazione viene introdotta al comma 4, dove si prevede che “gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuto in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza di lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia stata prestata in modalità di lavoro agile” (i c.d. premi aziendali).

Un altro aspetto importante su cui la disciplina si concentra è rappresentato dalla dimensione delle competenze professionali, a cui anche il lavoratore agile dovrà avere accesso tramite un sistema di formazione continua.

In tema di diritti e obblighi dei lavorati agili, il testo di legge fornisce indicazioni, in primo luogo, sui controlli della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro. Ai sensi dell’art. 21, comma 1, l’accordo relativo al lavoro agile deve contenere anche la disciplina “dell’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali”, sempre nel rispetto delle norme vigenti e, in particolare, all’art. 4 della legge n. 300/1970. Se, da un lato, con esplicito richiamo alle norme dello Statuto dei Lavoratori, risulta confermato il divieto dei controlli a distanza finalizzati esclusivamente ad accertare e verificare l’attività dei lavoratori, dall’altro, si prevede un particolare regime che esclude gli strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere la prestazione lavorativa.

Con riferimento al potere disciplinare, ai sensi dell’art. 21 comma 2 del testo di legge, l’accordo deve individuare le condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, purché esse siano “connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali“. Il legislatore prevede poi che l’accordo abbia la finalità di disciplinare l’esecuzione della prestazione lavorativa “anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore”, riservando tale disposizione alla contrattazione collettiva.

Il potere disciplinare del datore di lavoro e quello di controllo sulle prestazioni rese dal lavoratore agile, assumono notevole importanza, perché la prestazione lavorativa è resa fuori dai locali aziendali. Per tale ragione, il testo di legge prevede l’obbligo di definire le modalità della prestazione lavorativa, sia con riferimento al luogo esterno rispetto all’azienda, che agli strumenti utilizzati dal lavoratore.

Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, l’art. 22, co.1 del testo di legge prevede che il datore di lavoro garantisca la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e, a tal fine, “consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”.

Il testo di legge pone anche a carico del lavoratore agile una serie di obblighi. Tra questi rientra l’obbligo di cooperazione. In particolare, l’art. 22, comma 2, alla stregua di quanto previsto dal Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro, prescrive che il lavoratore sia “tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”.

Per quanto detto, la libertà di scelta del luogo in cui svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile è limitata, da un lato, dall’obbligo di diligenza e cooperazione incombente sul lavoratore e, dall’altro, dal diritto di quest’ultimo a svolgere la prestazione lavorativa secondo le regole in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Per tali ragioni il lavoratore agile è tenuto a scegliere un luogo di lavoro che consenta lo svolgimento della prestazione lavorativa in condizioni idonee, anche per la sua integrità psico-fisica. Pertanto, risulta evidente come non si possa decidere di individuare come luogo esterno all’azienda per svolgere la prestazione di lavoro un luogo pericoloso o insalubre, come un’autostrada trafficata o il cucuzzolo di una montagna.

Il diritto alla disconnessione, l’intervento Comunitario e il recepimento nell’Ordinamento italiano

Per diverso tempo, per i lavoratori agili il diritto a essere disconnessi è stato incerto.

Gli unici accenni del Testo di Legge si rinvengono all’articolo 19 comma 2, dove si stabilisce che l’accordo stipulato con il lavoratore agile deve prevedere, tra gli altri, anche “i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro” e lasciando di fatto la sua regolazione alla libera volontà delle parti, attraverso il già menzionato “patto di agilità”.

Se prima del 2019, a lamentare la disattenzione verso un tale diritto fosse una porzione marginale di lavoratori, è con il fenomeno pandemico e l’applicazione di un simile regime a milioni di lavoratori che il tema diventa centrale, tanto che il Parlamento Europeo, con una Risoluzione del 21 gennaio 2021, ha chiesto alla Commissione l’emanazione di una Direttiva volta a ridisegnare questi confini, promuovendo in primis regole chiare sul diritto alla disconnessione e strumenti a tutela dei lavoratori subordinati che svolgono parte della prestazione lavorativa in regime di lavoro agile.

“L’essere costantemente connessi – si legge nelle Risoluzione – insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull’equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere”.

Dopo diversi mesi, recependo l’invito degli Organi Comunitari, la Legge 6 maggio 2021, n. 61, di conversione del decreto legge 13 marzo 2021, n. 30, entrata in vigore il 13 maggio 2021, ha infatti aggiunto all’ art. 2 – rubricato lavoro agile, congedi per genitori e bonus baby sitting – il comma 1-ter, che recita:

“Ferma restando, per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

Il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021

Il 31 dicembre 2021, salvo ulteriori proroghe, cesserà lo stato di emergenza e con esso anche la procedura semplificata per la comunicazione dei lavoratori in smart working, che, come abbiamo visto prima, permette al datore di lavoro di omettere alcuni adempimenti, invece previsti in situazioni normali dalla normativa 81/17 appena analizzata.

Ciò detto, in vista di questo probabile cambio di passo, il 7 dicembre, il Governo e le Parti Sociali hanno firmato il protocollo sul lavoro in modalità agile per il settore privato, allo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato le linee guida con cui regolare la contrattazione collettiva sul tema.

L’iniziativa di un simile accordo arriva all’esito di una strutturalizzazione del fenomeno del lavoro agile; nato come esperienza “forzatamente condivisa” e trasformatosi, in modo quasi fisiologico, in nuovo paradigma del lavoro subordinato, avendone potuto apprezzare i benefici.

I dati indicano che il ricorso al lavoro agile è più che raddoppiato rispetto al 2019 ed è lo stesso protocollo a farne menzione in apertura.

Il protocollo non stravolge la base giuridica preesistente su cui si fonda il lavoro agile nel settore privato, ma si limita ad apportare alcune importanti precisazioni, come ad esempio quelle in tema di orario di lavoro. Difatti è all’articolo 3 del Protocollo che si legge che “la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati, nonché nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali”, slegandosi una volta per tutte dal concetto di prestazione oraria e abbracciando quello di lavoro per obiettivi.

Ulteriormente al comma 2 dell’articolo 3 si ribadisce il diritto alla disconnessione, invitando ad adottare specifiche misure tecniche e organizzative al fine di garantire la fascia di disconnessione, si immagini ipoteticamente un blocco del server dopo un determinato lasso di tempo o un’irreperibilità programmata del cellulare aziendale.

Non è possibile non notare la particolare attenzione alla normativa privacy che si ripone all’articolo 4 in cui, nella scelta del luogo dove svolgere la prestazione, si prescrive al lavoratore di scegliere un luogo “in condizioni di sicurezza e riservatezza, anche con specifico riferimento al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali nonché alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali”.

Proseguendo nella lettura, si ribadisce sostanzialmente quanto già contenuto nella Legge 81/17, con preciso riferimento agli strumenti di lavoro, alle norme a tutela della salute e sicurezza e alla parità di trattamento, senza addurre alcuna sostanziale novità.

In fase conclusiva, il Protocollo, riprendendo quanto previsto all’articolo 3, nonostante miri a elaborare una concezione di lavoro subordinato, omette di trattare il punto cardine del lavoro agile, ossia la definizione degli obiettivi e la rilevanza del mancato raggiungimento degli stessi.

Se vogliamo davvero ripensare a un nuovo modo di lavorare, effettivamente slegato dall’osservanza di un orario, perché non dare dignità alle regole per l’individuazione di questi obiettivi?

Se la centralità riconosciuta all’accordo di lavoro agile e alla discrezionalità delle parti contraenti sono state per diverso tempo la via di ammodernamento della concezione di lavoro subordinato ex art 2094 c.c., oggi diventa necessario porre le basi con nuovi strumenti “per creare un clima di fiducia, coinvolgimento e partecipazione” raccogliendo una nuova ambiziosa sfida pronta a delineare una nuova frontiera delle relazioni industriali.

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